I miei piccoli dispiaceri - Miriam Toews

La nostra recensione

Gruppo molto disomogeneo sul giudizio de “I miei piccoli dispiaceri” di Miriam Toews. Il romanzo racconta con uno stile molto originale la storia delle sorelle Elf e Yoli, così diverse e così profondamente legate fin da bambine. Elf ha avuto tutto dalla vita eppure il successo, un marito amorevole e la bellezza non le sono bastati a renderla felice. Yoli al contrario è l’eccentrica della famiglia, quella che ha collezionato fallimenti e insuccessi, con relazioni sentimentali sempre instabili e precarie ma che ha accettato il mondo e la vita con le loro mille contraddizioni. Vissute in una comunità mennonita entrambe hanno subito un’educazione rigida, in cui il lusso e il piacere erano proibiti e osteggiati. La loro però era una famiglia non convenzionale e per questo invisa alla comunità, una famiglia che tollerava e anzi spingeva Elf a seguire la sua vocazione di pianista trasgredendo quindi all’austera disciplina della dottrina religiosa. In questo romanzo in gran parte autobiografico i temi sono molto profondi e delicati: il suicidio, l’eutanasia e la sofferenza psichica sono lo sfondo sul quale si muovono Elf con il suo desiderio di farla finita e Yoli dibattuta tra la volontà di tenere in vita la sorella e quella di assecondarla accompagnandola a morire. Percepiamo attraverso le pagine tutta la disperazione di Elf, la sua insuperabile fragilità. Il carattere indomito che aveva da bambina e da ragazza l’ha ormai abbondonata lasciando un vuoto nel quale giorno dopo giorno la donna viene risucchiata. Eppure per la maggior parte dei lettori/lettrici si è trattato di uno storia luminosa, in cui l’amore e il dolore si intrecciano strappando non poche risate di fronte a certe pagine con episodi davvero esilaranti. Per alcune lettrici invece il senso di vuoto, di smarrimento e di malinconia hanno prevalso rendendo pesante e sofferta la lettura; c’è stato anche qualche commento totalmente negativo sia per la scrittura che per la vicenda narrata. La figura della madre è quella che maggiormente ci ha colpito per la sua determinazione a vivere nonostante le tragedie e i lutti, per il suo essere presente senza essere ingombrante e soprattutto senza annullare sé stessa. È Yoli però la voce narrante e protagonista del libro, capace di essere madre, sorella e figlia in un gioco di equilibri difficilissimo ma che le riesce nonostante la sua instabilità e sfiducia in sé stessa. Abbiamo provato a metterci nei panni di questa giovane donna nel tentativo di salvare la sorella e dovendo anzi fronteggiare le sue richieste sempre più insistenti di non lasciarla morire da sola, tra l’insensibilità del personale ospedaliero e l’accanimento di un destino capriccioso e maligno: il suicidio del padre e di una cugina, la morte improvvisa della zia venuta ad assistere Elf. E siamo giunte alla conclusione che la stramba Yoli è quella che non molla, che magari si crede un’inetta, che si appoggia all’amica Julie o cerca qualche uomo per sentirsi meno sola, ma conta essenzialmente su sé stessa. E si fa bastare la vita che si è ritrovata a vivere. Nel libro non c’è un solo personaggio che sia negativo: anche quelli minori come Claudio, Julie e la zia Tina sono pieni di umanità ed empatia. La morte di Elf non chiude il romanzo, sottolineando così come la vita continui. Sarà ancora una volta Yoli a raccogliere i cocci di una famiglia così duramente provata acquistando una nuova casa, sfasciata e da rimettere insieme come tutte loro, dando un domani di speranza sia alla figlia Nora che alla mamma. Yoli continuerà a ridere per tutto quello che ancora la vita le riserva, per tutte le piccole ma importantissime cose che rendono l’esistenza ancora bella. Il romanzo sembra impartire una lezione difficile da accettare: l’amore non basta a guarire le ferite più profonde e vivere può diventare impossibile per chi come Elf si porta dentro un pianoforte di vetro sempre sul punto di andare in frantumi.