Le quattro ragazze Wieselberger - Fausta Cialente
La nostra recensione
Una piacevole scoperta per poche lettrici/lettori il libro di Fausta Cilente, autrice dimenticata che pur con "Le quattro ragazze Wieselberger" vinse il premio strega nel 1976. Libro di memorie più che romanzo, la maggior parte del Gruppo l'ha trovato scialbo e poco convincente. Apprezzata da tutti la prima parte in cui la famiglia d’origine che vive a Trieste apre uno scorcio sul clima politico e culturale della città. I Wieselberger sono una famiglia dell’alta borghesia con interessi musicali che consentono alle quattro sorelle di conoscere e frequentare le persone più in vista, nell'ampio respiro mitteleuropeo che caratterizza la città. Il passaggio dalla terza persona alla prima nei tre capitoli successivi segna una cesura stilistica trasformando il testo in un racconto più intimista che tuttavia in molti hanno trovato superficiale. La narrazione storica si fa più approssimativa mentre le vicende della famiglia di Fausta diventano centrali: la madre costretta ad abbandonare la carriera musicale il padre austero e incapace di affetto, il forte legame con il fratello Renato. L’indipendenza di Fausta che passerà la vita a viaggiare, in fuga da situazioni troppo costrittive, è un tratto distintivo del memoriale. La maggior parte dei lettori però si aspettava un’analisi storica più accurata e profonda, mentre l’irredentismo e la Prima Guerra vengono narrati da una prospettiva personale, come vissuti famigliari. Anche l’ascesa del fascismo e il secondo conflitto mondiale sono narrati con distacco nonostante la collaborazione in prima persona della Cilente alle trasmissioni di Radio Cairo, dove condusse un programma di propaganda antifascista. Poche dunque le lettrici e i lettori che l’hanno apprezzato per intero rimanendo coinvolte dalla nostalgia con cui si snoda il racconto famigliare e dalla rievocazione di un mondo, quello triestino, che racchiude l’infanzia di Fausta ma anche il modus vivendi di una società a stretto contatto con gli intellettuali e gli uomini di cultura del tempo (si pensi a Joyce, Svevo, Saba). Rimane in tutti la consapevolezza di quanto i matrimoni fossero un azzardo, una scommessa troppo spesso persa per le donne nel tentativo di uscire di casa, alla ricerca di una libertà e di una indipendenza che in realtà era solo un’altra prigione. Il memoriale ha ricordato a qualcuno "Lessico famigliare" della Ginsburg anche se qui mancano l’ironia e la canzonatura della scrittrice torinese di adozione. La Cilente ebbe una vicenda editoriale alterna, dapprima censurata dal fascismo e successivamente misconosciuta dai contemporanei fino al Premio Strega. Nella sua lunghissima vita fu anche giornalista e traduttrice. A tutte/i è particolarmente piaciuto il finale del libro, con le quattro figure femminili sulla spiaggia e lo sguardo di Elsa su di loro a voler significare la continuità e la forza dei legami di queste donne lungo un secolo e oltre.