Venere privata - Giorgio Scerbanenco
La nostra recensione
Il libro “Venere privata” dello scrittore Giorgio Scerbanenco, da molti considerato il padre del noir italiano, ha in parte deluso le aspettative dei partecipanti del nostro gruppo di lettura. Le premesse iniziali avevano colpito positivamente i lettori. Anche i non appassionati al genere giallo hanno apprezzato l’ambientazione del romanzo che, con una scrittura scarna e incisiva, ha riportato in vita la ruggente Milano degli anni Sessanta. L’unica vera metropoli internazionale che l’Italia abbia mai conosciuto, viene descritta nel momento della sua crescita più vorticosa, con i suoi palazzoni enormi e anonimi sorti disordinatamente su aree ancora agricole e con la sua fame smisurata di potere e di ricchezza che si manifesta in una rete di traffici in cui il lecito si intreccia con l’illecito. Anche il protagonista del romanzo aveva acceso l’interesse dei lettori. Duca Lamberti è un investigatore atipico. Ex medico, è appena uscito dal carcere, dopo una condanna per aver praticato l’eutanasia su un’anziana malata terminale. Tornato libero, Duca viene contattato da un ricco industriale, amico del padre, per un incarico del tutto particolare: deve aiutare il figlio Davide ad uscire dal tunnel dell’alcolismo che lo sta portando all’autodistruzione. Davide è un personaggio decisamente affascinante: poco più che ventenne, ricco, sano e prestante, potrebbe vivere la più dolce delle vite, eppure non è così. Il padre lo considera un immaturo e un perditempo e non riesce, o non vuole, guardare al di là della sua dipendenza. Ma Duca Lamberti non impiega molto tempo a capire che non è l’alcol il vero problema ma piuttosto una ferita profonda che il ragazzo si porta dentro e che lo sta logorando. Sarà proprio un’esperienza drammatica vissuta dal ragazzo ad avviare il motore dell’indagine. Il dubbio suicidio di una giovane donna, al quale Davide aveva negato il suo aiuto, è il punto d’inizio di una ricerca che avrà il duplice obiettivo di guarire il ragazzo e di portare alla luce un losco traffico di prostituzione. Gran parte dei nostri lettori hanno però perso interesse per il romanzo una volta iniziata la vera parte investigativa. I personaggi sono parsi delineati in modo troppo frettoloso o, addirittura, poco realistico. Davide purtroppo è rimasto ai margini della storia, non essendo altro che un semplice autista e accompagnatore. Il personaggio di Livia è quello che ha alimentato la discussione più accesa. A molti lettori è sembrato non credibile il desiderio della ragazza di “provare” di persona l’esperienza della prostituzione a scopo di studio e, più ancora, è parsa paradossale la disponibilità con cui si è prestata a fare da esca a un’organizzazione criminale, di fatto rischiando la vita. Ancora più insensato è sembrato il comportamento di Duca Lamberti che, seppure provando rispetto e probabilmente anche affetto per la ragazza, non esita a utilizzarla come facile preda pur di ottenere il suo scopo. Molti di noi hanno inoltre trovato il romanzo disturbante a causa del linguaggio decisamente superato con cui l’autore fa riferimento all’omosessualità e alla mercificazione della donna.