Un altare per la madre - Ferdinando Camon
La nostra recensione
Il nostro gruppo di lettura si è unito in un plauso unanime per il piccolo grande libro con cui Ferdinando Camon ha scelto di ricordare la madre. In questo libricino, che è un vero e proprio testamento d’amore, l’autore rende omaggio non soltanto alla sua, ma a tutte le madri in senso più generale, alle loro fatiche, alle rinunce, ai gesti minimi con più si prendono cura e riparano persone e cose. La prima parte del libro è un epitaffio che accompagna la madre nel suo ultimo viaggio terreno. La scrittura di Camon è intrisa di ricordi e suggestioni di un mondo che ormai non esiste più ma che, ciò nonostante, è ancora vivo nella memoria di molti attraverso i racconti di genitori e nonni. Pagina dopo pagina lo scrittore ci riporta nel Veneto rurale dell’immediato dopoguerra, con la sua povertà estrema, con la fatica e lo sforzo smisurati di portare qualcosa sulla propria tavola giorno dopo giorno. E nessuno sembra lavorare di più, fino allo sfinimento fisico, di un madre. Colpiscono nel profondo i piccoli gesti con cui lo scrittore ricorda la donna: le briciole raccolte con cura per il pranzo successivo, i pezzetti di carta salvati e lisciati per un possibile uso futuro, i chicchi d’uva fragola tolti dalla propria bocca e consegnati agli animali di passaggio, ugualmente affamati. Il desiderio palpabile di rendere la madre viva ancora una volta attraverso le parole rende questo libro incredibilmente potente. “La madre era morta e questo non era possibile”. Tutti i partecipanti del gruppo sono stati colpiti nel profondo da un sentimento che tutti, prima o poi, provano in prima persona: il sentirsi più mortali, più spogli, di fronte alla perdita dei propri genitori. La seconda parte del libro, che alcuni lettori hanno definito “epica”, sposta l’attenzione sul padre e sul suo tentativo di rendere in qualche modo immortale la moglie, attraverso la creazione di un altare in suo ricordo che dovrebbe sorgere sul punto esatto in cui anni prima la donna aveva salvato la vita ad un partigiano. L’uomo lavora senza posa, quasi senza dormire e mangiare, in una lotta sovraumana contro un ginocchio che si fa sempre più gonfio, la febbre che sale inesorabile, in un crescendo di fatica che il lettore fa proprio, pagina dopo pagina. È un atto religioso quello che il padre compie, mentre lotta contro il tempo, contro la sua stessa fine ormai vicina. Ad aiutarlo accorrono vicini e compaesani, portando le pentole di rame da usare per la lastra che ricoprirà l’altare abbellendolo di fiori, viti, animali, tutto quello che la donna amava e curava durante la propria vita. La volontà dello scrittore, espressa nell’ultima pagina del libro, di essere sepolto assieme a questo libro, dice molto sull’importanza di quest’opera che, pur descrivendo una vicenda intimamente personale, parla al cuore e alla mente di ognuno di noi, toccandoci nel profondo.