Colazione da Tiffany di Truman Capote

La nostra recensione

Siamo arrivati all’ultimo appuntamento prima della pausa estiva con il romanzo che decretò il successo di Truman Capote, reso ancor più famoso dalla trasposizione cinematografica. Il libro racconta il fascino e la fragilità della giovanissima Holly Golightly - donna anticonvenzionale alla ricerca di una sua identità e del successo - dalla prospettiva dell’anonimo narratore che ricapitola la vicenda partendo dall’epilogo. La scrittura secca e immediata riesce a descrivere in poche pagine e grazie all’uso delle metafore l’ambiente dell’Upper East Side di Manhattan e la personalità di Holly e ad offrire al lettore una dura critica sociale. Per la maggior parte delle lettrici si è trattato di una lettura veloce che ha lasciato uno strascico di tristezza e amarezza per la storia della protagonista, la sua solitudine e la sua precarietà ben definite dalle parole “in transito” sui biglietti da visita da lei acquistati da Tiffany. Holly non appartiene a nessuno, così come lei non possiede nulla, non dà neppure un nome al gatto. Vive una vita sregolata, fatta di incontri mondani in cui accompagna uomini facoltosi instaurando con loro relazioni superficiali, prive di qualsiasi coinvolgimento da parte sua. L’unico rapporto vero è quello con Fred, il fratello con cui ha condiviso un’infanzia infelice e che morirà in guerra precipitandola in una cupa disperazione. Neppure Tiffany che serviva da antidoto alle sue “paturnie” riuscirà ad evitarle la disillusione e la sofferenza che la spingeranno ad allontanarsi di nuovo, a lasciare New York per il Brasile da dove poi farà perdere le sue tracce. Il protagonista/narratore ritroverà il gatto, abbandonato da Holly lungo la strada dell’aeroporto e accolto da una famiglia, augurandosi che anche lei abbia finalmente trovato il suo posto nel mondo. Lo stile unico di Capote, che combina eleganza e ironia, ritrae con una notevole profondità psicologica i personaggi e questo è il tratto saliente del romanzo che è piaciuto alla maggior parte del Gruppo coinvolgendo i partecipanti in una vivace discussione, non priva di voci e pareri discordanti soprattutto da parte di chi non aveva mai letto Capote né aveva visto il film. Inevitabile il confronto con la pellicola dove Holly rimane il simbolo dell’ambizione e del disincanto, ma lo fa con la raffinatezza di Audrey Hepburn togliendo così al personaggio originale quella patina grigia, provinciale e grossolana che Capote le aveva attribuito. Cambia inoltre il periodo storico, passando dagli anni ‘40 del libro agli ‘60 del film. Il riferimento al matrimonio precoce - ai limiti della pedofilia - con il veterinario nel film è appena sfumato mentre l'allusione alla bisessualità di Holly, che nel libro è un elemento che compare più volte, nel film viene cancellata, così come è meno esplicito il rapporto di Holly con gli uomini che frequenta. Ma il cambiamento più radicale è il finale: il libro termina con Holly, anima inquieta, che se ne va lasciando una vena di rimpianto nel narratore e nel barista. Il film invece ha il lieto fine: Holly bacia Paul (nel film lo scrittore ha un nome) dopo aver ritrovato il gatto e facendo intendere che inizieranno una nuova vita insieme.