Il museo delle promesse infrante di Elizabeth Buchan
La nostra recensione
Un libro che ha suscitato le emozioni più svariate e contrapposte quello di questo mese. Suddiviso in tre tempi e tre ambientazioni distinte, il romanzo si apre nella Parigi del presente dove Laure ha ideato un museo molto speciale che raccoglie oggetti legati a momenti dolorosi della vita. Le promesse non mantenute trovano spazio in queste stanze dove si percepisce sia la volontà di lasciar andare sia quella di espiare, tra sensi di colpa e rimpianti. Chiusa e riservata la protagonista nasconde un passato oscuro che il lettore intuisce appena ma non è in grado di cogliere appieno finché lo scenario non cambia e ci troviamo catapultati nella Praga del 1986 sotto il regime sovietico. Qui una Laure appena ventenne abita come ragazza alla pari con la famiglia di Petr, un uomo abituato agli agi e alla libertà dell’Occidente ma che ha un ruolo rilevante all’interno del Partito. L’infatuazione di Laure per il musicista e dissidente Tomas, che fino alla fine del romanzo non capiremo se la ricambia, si scoprirà essere la causa di tutta la successiva sofferenza della donna. Il romanzo poi si sposta ulteriormente nel tempo e nello spazio e ci conduce a Berlino qualche anno dopo la caduta del Muro dove Laure, che ora lavora per i servizi segreti britannici, riallaccia il rapporto con Petr e cerca di ottenere quelle risposte che le erano mancate a Praga dieci anni prima. Tra alcune lettrici entusiaste del romanzo nella sua interezza e altre che l’hanno stroncato completamente, abbiamo cercato di individuare alcuni elementi comuni. La prima parte del romanzo è sembrata quasi a tutti piuttosto banale e inconsistente, la scrittura è spesso frammentata e a tratti disarticolata al punto da indurci a pensare ad una traduzione poco accurata. Poi il romanzo cambia registro e assume un taglio storico e anche la scrittura diventa più concreta e realistica. I fatti assumono contorni precisi rendendo la lettura molto più coinvolgente, anche per chi aveva deciso di proseguire il romanzo un po’ controvoglia. L’autrice si è ben documentata e il clima politico di Praga ci ha riportato indietro, al grigiore e alla omologazione, al controllo continuo dei cittadini, alle irruzioni della polizia e alle sparizioni improvvise. La vicenda si tinge di giallo laddove lo spionaggio è di casa e, tra i vicoli di Praga, finisce per catturare il lettore. Però non c’è sufficiente profondità, manca forse quell’emotività che solo gli scrittori che hanno realmente vissuto in quel Paese hanno saputo trasmettere, come Kundera e Hrabal che già avevamo letto con il Gruppo di lettura. Anche i personaggi non sono risultati molto convincenti: la più riuscita è senz’altro May la ragazza americana spigliata e intraprendente che mette alle strette Laure costringendola ad affrontare il passato e la sua sofferenza. L’idea del museo in fondo serve da collante tra ciò che Laure si è lasciata alle spalle e i fili che la riallacciano al presente: il misterioso benefattore, le marionette disarticolate che riprendono vita a Parigi e una risposta definitiva dopo tanti anni di incertezza.
Comune di Martellago