Il sentiero dei nidi di ragno - Italo Calvino
La nostra recensione
Ha suscitato una discussione molto interessante il romanzo di Calvino, il primo da lui scritto appena ventritreenne. Lo stile, la scrittura e soprattutto il tema della Resistenza raccontata attraverso gli occhi di un bambino hanno colpito tutti i lettori e le lettrici. Già il contesto geografico è del tutto nuovo: in precedenza la Liguria era stata presente solo nella poesia di Eugenio Montale ed è stato invece facile per tutto il Gruppo di lettura ritrovare le descrizioni di questa terra e dei suoi abitanti nelle canzoni successive di Fabrizio De Andrè. Il protagonista, Pin, vive la guerra come un gioco: abbandonato a se stesso, allontanato dai coetanei e deriso dagli adulti fatica a trovare una propria identità e una collocazione. Il "mestiere" della sorella l'ha messo a parte di quelle cose tra adulti - le relazioni sessuali - che lui non comprende. Tuttavia si serve proprio della Nera per avvicinarsi agli uomini del vicolo nel tentativo di farsi benvolere o di essere semplicemente accettato, con le sue canzoni e le sue battutine malevole o oscene. Il suo unico rifugio è quel sentiero dove i ragni costruiscono gallerie e dove nasconderà la pistola rubata al tedesco. Pin sente di appartenere a quel mondo ideale e immaginario che però non riesce a condividere perché nessuno sente così amico e vicino da potergli svelare il suo segreto. Quando lo fa viene poi tradito: Pelle del resto non tradisce solo lui ma anche la banda di partigiani un po' balordi a cui appartiene, aggregandosi alla brigata nera. Solo Cugino sarà in grado di prendersi a cuore Pin e di stargli accanto, con un finale commovente in cui l'adulto e il bambino si allontanano per mano in mezzo alle lucciole, ricordando a qualcuno la canzone di Guccini "Il vecchio e il bambino". L'innocenza di Pin riesce a rimanere intatta anche dopo tutte le sue peripezie nell'attraversare il mondo degli adulti. Un mondo in cui il tornaconto personale o semplicemente l'istinto di sopravvivenza prevalgono sulla solidarietà e l'altruismo. Un romanzo inusuale, in cui i personaggi sono per la maggior parte anti-eroi: gente comune che si è ritrovata in mezzo ad una guerra e che per necessità - più che in nome di grandi ideali - compie delle scelte. E le scelte possono portare dalla parte giusta o da quella sbagliata, dipende da come si decide di orientare il Furore che abita gli animi. Il capitolo in cui avviene il dialogo tra il commissario Kim e il comandante Ferriera diventa così fondamentale per esprimere la voce dell'autore relativamente a fascismo e antifascismo. Il romanzo ci offre dunque il ritratto di un Paese in cui la Resistenza è fatta anche da partigiani "storti", improvvisati tali o comunque mossi da ragioni talvolta discutibili e non da grandi ideologie. Eppure anche il loro contributo si rivela fondamentale nella lotta al fascismo. Un libro di grande attualità, nonostante sia stato pubblicato nel 1947, che ha raccolto il giudizio positivo unanime di tutti i presenti.