Danimarca - La fonte della vita
La fonte della vita di Bergsveinn Birgisson
Buon mercoledì, cari lettori affezionati alla #ValigiadelLettore. Questa settimana facciamo un viaggio nello spazio e nel tempo, fino ad approdare nella Danimarca di fine Settecento.
Il protagonista del romanzo è il giovane Magnus Arelius, ambizioso rampollo danese, inviato in Islanda dal governo con lo scopo di far emigrare dall’isola, distrutta da cataclismi naturali e dilaniata da epidemie di vaiolo, la popolazione abile al lavoro, per trasferirla a Copenaghen e impiegarla come manodopera nell’industria nazionale nascente.
Gli influssi della filosofia illuminista si fanno sentire in Magnus Arelius: nella sua missione vede il compito dell’uomo di scienza, desideroso di esplorare terre e popolazioni selvagge, con lo scopo di far arrivare fino a lì i lumi della ragione. Tuttavia, nel corso del suo viaggio, il giovane si rende conto che gli studi e l’erudizione servono a ben poco quando ci si trova costretti a sopravvivere in un territorio così aspro: solo, lontano dagli affetti famigliari, non potrà non affidarsi alla gente del posto, povera e incolta. Ben presto si ritrova a fare i conti con una realtà inconciliabile rispetto ai principi della sua cultura e della sua ragione: in un mondo dominato da forze oscure e irrazionali e in una natura “matrigna”, tutte le sue certezze iniziano a sgretolarsi.
La scrittura di Birgisson, un miscuglio tra realtà storicamente attendibile e finzione letteraria, non può non affascinarvi. Attraverso una profonda riflessione, viene dato spazio alle antitesi tra natura e cultura, tra individuo e società, tra ragione e sentimento; viene data voce alla denuncia contro gli abusi del colonialismo e allo sfruttamento di uomini e di risorse; viene espresso un profondo amore per l’Islanda, patria dello scrittore.
Con cautela infiliamo in valigia un vaso di vetro: sarà questo oggetto, riempito d’acqua e di un mazzo di fiori raccolti tra i poggi erbosi lungo la costa, a concludere il romanzo con il commovente ricordo di un amore passato, talmente forte da riuscire, sebbene senza parole, ad incrinare tutte le certezze di Magnus Aurelius.